Pizza, Grill, Receitas Pratos de carne Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne?

Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne?

Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne

Quanto tempo digerire proteine?

Per migliorare la qualità del sonno – Mangiare in modo pesante prima di andare a dormire, come tutti sappiamo, provoca difficoltà digestive, contribuendo ad un cattivo riposo. Per evitare questo, è necessario porre attenzione sia al tempo di digestione, sia alla qualità dei prodotti scelti per lo spuntino proteico pre sonno.

  • Le proteine, di norma, hanno un tempo di digestione che va dai 90 ai 120 minuti.
  • Tale variazione dipende dai macronutrienti che si associano all’integratore proteico : i carboidrati vengono digeriti in 60 minuti, mentre per i grassi è necessario molto più tempo, circa 3 ore.
  • Ovviamente si deve tener conto anche della quantità, uno spuntino impiegherà meno tempo di un pasto strutturato.

Nel caso degli integratori in polvere, gli idrolizzati sono i prodotti a più rapido assorbimento da 10 a 30 minuti, facilmente digeribili ed in grado di promuovere una buona qualità del sonno. Arrivati a questo punto, possiamo fare una piccola considerazione di quanto detto: dopo aver evidenziato i tre momenti salienti per poter prendere le proteine in polvere, si può affermare che il fabbisogno proteico giornaliero, risulta modulabile attraverso il cosiddetto timing di assunzione, che in base all’obiettivo che si vuole raggiungere verrà impostato sulla propria routine quotidiana.
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Quanto tempo ci mette la carne a digerire?

Il pollo e il tacchino vengono digeriti in 2 ore, il manzo in 3 ore, l’agnello in 4 ore e il maiale in 5 ore.
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Quando inizia la digestione delle proteine?

Digestione – Durante il processo digestivo la maggior parte delle proteine è ridotta completamente nei singoli aminoacidi. La digestione di queste macromolecole inizia nello stomaco dove l’azione combinata di pepsinogeno ed acido cloridrico porta alla formazione di oligopeptidi (corte catene di aminoacidi formate da meno di dieci unità).

  • L’acido cloridrico, oltre a trasformare il pepsinogeno in pepsina, distrugge gran parte della carica batterica, favorisce l’ assorbimento del ferro e la sintesi di succo enterico, bile, bicarbonati ed enzimi pancreatici,
  • La secrezione dello stomaco è influenzata da fattori nervosi, (odore, gusto del cibo e condizionamento), meccanici (distensioni delle pareti gastriche ), chimiche (presenza di oligopeptidi) e ormonali ( gastrina ).

La digestione delle proteine viene completata dalle proteasi intestinali di origine pancreatica (riversate nel duodeno ) e prodotte dalla membrana dello stesso intestino (poste sull’ orletto a spazzola ). Per questo motivo la digestione proteica è normale anche dopo l’asportazione chirurgica dello stomaco.

  • Le proteasi si dividono in endoproteasi (idrolizzano i legami peptidici interni alle proteine: chimotripsina, elastasi, tripsina ) e esopeptidasi (idrolizzano l’aminoacido terminale della proteina: carbossipeptidasi, amminopeptidasi, dipeptidasi).
  • A livello intestinale la digestione delle proteine viene completata ed i singoli aminoacidi, dipeptidi e tripeptidi, possono essere assorbiti e trasportati al fegato da carriers specifici.

Una piccola quota di proteine presenti negli alimenti non viene assorbita ed è eliminata come tale con le feci (5%). Alcuni peptidi formati da più di tre amminoacidi sono assorbiti mediante transcitosi e come tali possono rappresentare un fattore significativo per lo sviluppo di allergie ed intolleranze alimentari,
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Quanto tempo ci vuole a digerire la carne rossa?

4 – Carni rosse o grasse – Sono alimenti particolarmente difficili da digerire (ma anche molto utili) per diverse ragioni: l’elevata presenza di grassi, che si riduce in tagli più magri come il filetto, e di proteine di alta qualità – che in effetti è un pregio, ma queste proteine hanno comunque bisogno di tempo per essere assimilate. Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne
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Quali sono le proteine più digeribili?

Digeribilità – Viene misurata sperimentalmente e consiste nel rapporto tra l’azoto proteico assorbito e la quantità di azoto proteico ingerito e corretta per le perdite metaboliche dell’azoto con le feci. I valori di digeribilità delle proteine più diffuse sono: proteine del latte, 95%; proteine isolate della soia, 95%; farina di soia, 86%.
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Quale carne si digerisce prima?

-> ALIMENTI E DIGESTIONE

Tempi di digestione degli alimenti
Minuti Alimenti
120′ ‑ 180′ Carne magra, pasta cotta, omelette
180′ ‑ 240′ Formaggio, insalata verde, prosciutto, filetto ai ferri
240′ ‑ 300′ Bistecca ai ferri, torte, arrosti, lenticchie

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Come digerire meglio la carne?

Regola 1: La giusta cottura – La cottura va vista come una “pre-digestione”. Con la cottura rendiamo l’alimento già digerito in parte e quindi più facile da trasformare in energia. Come rendere la carne più digeribile La carne va cotta leggermente o consumata in carpaccio (se ne conosci la provenienza) e va abbinata sempre a rucola e vegetali a foglia verde (cicoria, insalata).

  1. La carne va condita con poco sale e si accompagna bene a spezie come lo zenzero (soprattutto fresco) e ad aromi come alloro e rosmarino.
  2. Va mangiata come primo piatto anziché come secondo, perché è l’alimento che richiede più tempo per essere digerito.
  3. Come rendere le uova più digeribili Le uova vanno consumate con albume cotto e tuorlo crudo e condite con sale, spezie e succo di limone.

Come rendere la verdura più digeribile La verdura va cucinata in modo semplice e leggero, per pochi minuti: a vapore, scottata, saltata o stufata. In questo modo si perderanno parte delle vitamine, ma quelle che restano le assimileremo tutte (a differenza della verdura cruda).
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Cosa fare per digerire la carne?

Cosa fare per digerire meglio le proteine – Chi ha problemi di digestione spesso incontra le maggiori difficoltà quando mangia cibi ricchi di proteine, Questo dipende nella maggior parte dei casi da abbinamenti sbagliati, Infatti ci sono delle regole fondamentali per facilitare la digestione delle proteine e sono queste: – non associare proteine di tipo diverso – non abbinare proteine e carboidrati Quando parliamo di proteine di tipo diverso intendiamo uova e formaggio o latte e carne.

  • Per esempio per digerire la carne lo stomaco produce un succo gastrico che è subito molto acido, mentre per il latte diventa acido solo verso la fine della digestione.
  • Se si associa il latte con carne o pesce potrebbe succedere questo: il latte coagula formando dei grumi che trattengono fermenti di carne/pesce, questi ultimi non vengono a contatto con il succo gastrico e passano inalterati nell’intestino dando luogo a fenomeni di putrefazione e di conseguenza a sviluppo di malesseri come aerofagia, acidosi, flatulenza, stanchezza.

Per questo, per esempio, piatti particolarmente ricchi come le lasagne, che contengono carne, ma anche besciamella, formaggi e in alcune ricette anche uova, risultano particolarmente difficili da digerire. Per quanto riguarda l’ associazione delle proteine con i carboidrati, bisogna ricordare che i carboidrati complessi come i cereali e i loro derivati (inclusa la pasta) o le patate hanno bisogno dell’intervento di enzimi per essere digiti e di richiedono di acidità delle secrezioni gastriche e tempi di elaborazione diversi rispetto alle proteine.

Se carboidrati e proteine si ritrovano insieme nello stomaco entrano in conflitto. Gli amidi cominciano a essere digeriti praticamente già nella bocca, poi la loro digestione continua nello stomaco per circa due ore, ma se nello stomaco trovano alimenti che hanno bisogno di succhi gastrici più amidi (come le proteine), la digestione degli amidi viene sospesa e si verificano fermentazioni, lentezze digestive, parti che non vengono proprio digerite.

Associando male gli alimenti si ha una digestione molto lunga che può durare fino a 5 ore nello stomaco e fino a 70 ore nell’intero tratto intestinale e questo provoca un deterioramento del cibo all’interno del nostro corpo a causa di fermentazione e putrefazione, una moltiplicazione della produzione di scorie tossiche e una cattiva assimilazione dei nutrienti.

Inoltre l’organismo spreca molte energie e ci sentiamo stanchi. Il modo ideale di mangiare le proteine, dunque, è associandole a verdure e a piccole dosi di sostanze acide come limone, aceto e vino, perché ne agevolano la digestione. In particolare le verdure, essendo ricche di sali e vitamine, favoriscono l’azione degli enzimi necessari per digerire le proteine.

Please follow and like us: : Alcol, dolci e proteine: come mangiarli per digerire meglio
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Dove vanno le proteine in eccesso?

COSA SUCCEDE SE MANGI TROPPE PROTEINE: MENO NUTRIMENTO – Quando si mangia solo proteine si può danneggiare l’apporto nutritivo, necessario al fabbisogno umano. La percentuale di glucosio, che spesso viene introdotto con carboidrati e grassi, viene a mancare e quindi l’organismo andrà a sfruttare quelle poche riserve energetiche presenti nel fegato e nei muscoli.
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Perché si fa fatica a digerire le proteine?

Quando si fa fatica a digerire le proteine Ven 26 Ott 2018 | di Ethel Cogliani |

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Difficoltà digestive a livello gastrico? Se ce l’hai sei in buona compagnia. Oltre la metà della popolazione ha disturbi più o meno spiccati legati alla digestione delle proteine. E tutto quello che questo comporta. Uno dei problemi è sicuramente la difficoltà di diagnosi: 1.

Spesso i sintomi sono dislocati in parti del corpo diverse dallo stomaco e non sempre si riflette su una problematica evidente nel transito del cibo.2. Il trattamento medico di questa problematica spesso è la causa dell’aggravarsi del problema stesso. L’ipocloridria è la parola chiave Ma cos’è? Senza grossi paroloni, è un’incapacità dello stomaco di produrre adeguate quantità di acidi gastrici, importanti per il corretto funzionamento degli enzimi digestivi preposti alla digestione delle fibre carnee (proteasi).

Meno acidità di stomaco hai, più hai difficoltà a digerire Cosa? Sì, hai capito bene.

  • Il problema nel come si interviene su questa problematica sta proprio nella sua definizione come “acidità di stomaco”, perché in realtà il problema non è un eccesso di acido, ma un suo difetto.
  • Ed ecco che inibitori della pompa protonica, antiacidi e protettori gastrici cominciano a perdere il loro significato se non per alleviare temporaneamente il sintomo che, comunque, va a ripresentarsi successivamente e spesso in forma peggiore, causando danni collaterali che portano, con il tempo, a squilibri in diversi distretti, primo fra tutti l’intestino.
  • Quando una problematica gastrica si protrae per un tempo sufficiente da coinvolgere l’intestino in modo drammatico, si istaurano, infatti, tutta una serie di reazioni a catena nell’organismo che portano alla degenerazione generale in un tempo più o meno breve.
  • Gli inibitori della pompa protonica, che sono nella TopTen dei farmaci di maggior consumo con un vero e proprio abuso sistematico da parte di medici e pazienti, ne sono spesso un motivo di peggioramento.
  • La prescrizione di questi farmaci, infatti, dovrebbe avere dosaggi più bassi e durata molto più breve, ma, soprattutto, essere limitata a casi gravi, su pazienti che assumono farmaci come FANS, cortisonici e immunosoppressori, in modo da evitare la perforazione gastrica che possono causare.
  • Nella realtà, vengono prescritti anche per il semplice reflusso gastro-esofageo, ma, soprattutto, senza una revisione del dosaggio o controlli successivi e programmati e, tra l’altro, vengono usati a sproposito in casi in cui in realtà si dovrebbe intervenire in modo diametralmente opposto.
  • Ad indagare e mettere insieme studi ed evidenze sugli effetti collaterali, ancora poco conosciuti, sviluppati da questi farmaci, è stata proprio una review pubblicata su CMAJ (Canadian Medical Association Journal).
  • Effetti collaterali

Gli effetti avversi determinati dall’uso di questi farmaci si manifestano in diversi modi: disturbi gastrointestinali, come diarrea, nausea, vomito; neurologici come cefalea e vertigini. Ipotensione, tachicardia, affezioni cutanee, prurito e alopecia, agranulocitosi, anemia e leucopenia, impotenza e ginecomastia, colite, costipazione e anoressia, aumento dei livelli di colesterolo, faringite, rinite, tosse, febbre, sete, sintomi simil-influenzali, sono tra i più blandi.

  1. L’acido dello stomaco: a cosa serve?
  2. Ora che abbiamo capito che l’acidità dello stomaco ha una funzione e che la sua riduzione forzata crea enormi danni cerchiamo di capire a cosa serve l’acido dello stomaco.
  3. Come abbiamo detto l’acido dello stomaco serve a migliorare la digestione proteica, ma ha anche una funzione molto importante: mantenere pressoché sterile il primo tratto intestinale (il tenue).
  4. Questa funzione è molto importante, perché, in uscita dallo stomaco, il cibo è molto nutriente e la presenza dei batteri in questa fase della digestione porterebbe inevitabilmente ad un malassorbimento causato da un consumo da parte loro delle sostanze in esso contenute.
  5. Cosa succede quando l’acido viene a mancare

La ricchezza del cibo, non più protetto dalla barriera acida, richiama batteri dall’intestino crasso i quali vanno a colonizzare questa parte che normalmente ha una carica batterica abbastanza ridotta, causando un sovraffollamento e inducendo SIBO (sovracrescita batterica nell’intestino tenue) che con il tempo si alimenta per continua migrazione e replicazione dei batteri e causa quei fastidiosi gonfiori intestinali che si avvertono dopo i pasti.

  • Malattie malattie ovunque.
  • E questo partendo “solo” da un problema gastrico non diagnosticato o mal curato.
  • Come arriva ad istaurarsi un problema gastrico così grave

I primi fattori che possiamo ritrovare come causa dell’insorgenza di questo problema sono: vizi (fumo, caffè e alcol), l’utilizzo di farmaci (FANS, psicoterapici, immunosoppressori e altri ai quali spesso si associa un’assunzione di gastroprotettori), alimentazione povera di fibre proteiche e troppo ricca di amidi (vegetarianesimo e veganesimo tra le maggiori imputate), stress acuto forte o stress cronico, problemi tiroidei non diagnosticati, iperemotività, ma anche infezione da Helicobacter Pylori, intolleranza al Nichel (causa o conseguenza?), ernia iatale.

  1. Dall’ansia alla depressione, alle dermatiti, alle disfunzioni intestinali, oltre alle cause che normalmente vengono attribuite loro, hanno una probabilità molto alta che abbiano come base anche un problema gastrico.
  2. Quando è bene approfondire la presenza di questo problema
  3. Ci sono moltissimi sintomi che possono suggerire che un intervento a livello gastrico potrebbe fare la differenza: difficoltà respiratorie e respirazione superficiale, annerimento della base dei denti o ipersensibilità e sanguinamento gengivale, gonfiore dopo i pasti (entro 1 ora dalla fine del pasto), alito cattivo, dolore di schiena localizzato all’altezza dello stomaco, dolori intercostali o retrosternali, tachicardia a riposo, notturna e appena svegli, ansia mattutina, voce roca o abbassamento di voce fino a mutismo, infezioni recidive per lo più fungine e batteriche, SIBO e disbiosi, difficoltà digestive che iniziano con una difficoltà a digerire le proteine per sfociare con il tempo ad una difficoltà talvolta anche ad introdurre acqua, sinusite cronica, se non associata ad un colpo di freddo o ad allergie, con molta probabilità è causata da problemi di stomaco, muco lungo l’esofago o senso di soffocamento e vomito.
  4. Non basta dire che si digerisce bene e che non si avverte reflusso per poter dire che non si ha un problema gastrico, anzi, le manifestazioni precoci sono spesso di tutt’altra natura.
  5. Aiutare lo stomaco ad un corretto funzionamento può salvare la vita a moltissime persone.
  6. Approfondire questi argomenti ed introdurli in un’anamnesi di routine permette alle persone di vivere meglio e non imbattersi in malattie evitabili, rese invece irreversibili e croniche da un Sistema poco attento al rispetto delle funzionalità del corpo e troppo spesso, invece, impegnato a silenziare i sintomi invece di interpretarli.
  7. LA RIVISTA
  8. La rivista IMMUNOREICA Magazine ha lo scopo di indagare e porre l’attenzione a tutti quegli aspetti che rendono la nostra società la più malata di tutta la storia dell’Umanità.

Disponibile solo su abbonamento. Cadenza trimestrale (4 numeri l’anno). La riceverai direttamente a casa tua.

  • Per abbonarsi:
  • Ethel Cogliani
  • Nutrizionista specializzata nel trattamento delle patologie autoimmuni.

Autrice dei libri “Dietro la Malattia” e “Tiroide X-Files”. Editrice e capo redattrice della rivista “IMMUNOREICA Magazine – La prima rivista dedicata all’approccio funzionale delle malattie autoimmuni”. Dove acquistare i libri: www.dietrolamalattia.com www.tiroidexfiles.com
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Che cosa digerisce le proteine?

CORSO DI CHIMICA E BIOCHIMICA PRIMA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA – CLUPS DIETISTA; INFERMIERE; TECNICO DI LABORATORIO SAPIENZA UNIVERSITA’ DI ROMA BIOCHIMICA 3: ALCUNI ARGOMENTI DELLA BIOCHIMICA PARTICOLARMENTE RILEVANTI PER LA MEDICINA LA DIGESTIONE DEGLI ALIMENTI Gli alimenti ingeriti con la dieta devono essere DIGERITI nell’intestino (cioe’ scomposti nei loro costituenti a minor peso molecolare) prima di essere ASSORBITI (trasferiti dal lume intestinale al sangue). I processi digestivi sono dovuti ad enzimi specializzati prodotti dalle ghiandole esocrine annesse all’intestino (gh. salivari, cellule specializzate della mucosa gastrica, pancreas). La digestione degli alimenti assolve due funzioni: (1) in primo luogo l’organismo non puo’ usare le macromolecole esterne introdotte con la dieta, ma deve sintetizzare le proprie (si vedano gli argomenti sintesi proteica e metabolismo), a partire dai monomeri che le costituiscono; i processi digestivi assolvono questa funzione convertendo macromolecole in monomeri. (2) Le macromolecole assunte con la dieta potrebbero essere tossiche, mentre i monomeri che le costituiscono non lo sono; inoltre i microorganismi che inevitabilmente contaminano gli alimenti potrebbero essere patogeni; i processi digestivi hanno quindi anche la funzione di proteggere l’organismo. Poiche’ i processi digestivi differiscono a seconda del tipo di molecola che era contenuta nell’alimento ingerito (ogni alimento contiene in proporzioni variabili acqua, sali, glicidi, lipidi e proteine; in minor misura acidi nucleici e altri componenti), e’ conveniente descrivere separatamente i processi digestivi a carico di ciascuna classe di macromolecole biologiche. LA DIGESTIONE DEI GLICIDI, I glicidi sono presenti negli alimenti in forma di polisaccaridi (principalmente l’amido degli alimenti di origine vegetale), disaccaridi (principalmente saccarosio nella frutta e lattosio nel latte e nei suoi derivati) e, piu’ raramente, monosaccaridi (ad es. il glucosio in alcuni frutti e il fruttosio nel miele). La digestione dell’amido e del glicogeno e’ dovuta alle AMILASI (enzimi prodotti dalle ghiandole salivari e dal pancreas) che degradano il polimero producendo frammenti progressivamente sempre piu’ piccoli chiamati maltodestrine. I prodotti finali di questo processo sono i disaccaridi maltosio e isomaltosio, le cui formule sono riportate in una lezione precedente, I disaccaridi non possono essere assorbiti come tali dalle cellule intestinali ma subiscono una ulteriore digestione che li idrolizza a monosaccaridi; gli enzimi responsabili sono le disaccaridasi. Poiche’ l’uomo possiede solo quattro disaccaridasi, soltanto quattro disaccaridi possono essere digeriti a monosaccaridi dal nostro intestino: 1) l’enzima maltasi idrolizza il maltosio trasformandolo in due molecole di glucosio.2) L’isomaltasi idrolizza l’isomaltosio trasformandolo in due molecole di glucosio.3) La lattasi idrolizza il lattosio trasformandolo in una molecola di glucosio e una di galattosio.4) La saccarasi idrolizza il saccarosio trasformandolo in una molecola di glucosio e una di fruttosio. I monosaccaridi possono essere assorbiti dalle cellule intestinali, che li riversano nel sangue del territorio mesenterico-portale e tramite questo raggiungono il fegato che puo’ conservarli sotto forma di glicogeno. I polisaccaridi e disaccaridi che introduciamo con la dieta ma che non possiamo digerire per la mancanza degli enzimi necessari non possono essere utilizzati e finiscono nelle feci sotto forma di “fibra”; la principale sorgente di fibra della dieta e’ la cellulosa (un omopolimero del glucosio diverso dall’amido). LA DIGESTIONE DEI TRIGLICERIDI, I principali lipidi della dieta sono i trigliceridi contenuti negli oli vegetali e nei grassi di origine animale. La digestione dei trigliceridi avviene ad opera di enzimi chiamati lipasi che idrolizzano il trigliceride ad un monogliceride e due acidi grassi; questi componenti vengono separatamente assorbiti dalle cellule intestinali che li utilizzano per risintetizzare trigliceridi da rilasciare infine nel sangue a livello del circolo mesenterico-portale sotto forma di chilomicroni (gocciole microscopiche di grassi). LA DIGESTIONE DELLE PROTEINE, La digestione delle proteine avviene ad opera di enzimi chiamati endopeptidasi (proteasi) ed esopeptidasi, essenzialmente in due sedi: lo stomaco ed l’intestino tenue. La mucosa dello stomaco secerne una proteasi principale, la PEPSINA, e alcune proteasi accessorie specifiche per proteine particolari (ad es. la chimosina o rennina, specifica per la digestione della caseina del latte). Questi enzimi frammentano le proteine in polipeptidi a peso molecolare piu’ basso e funzionano a pH fortemente acido; infatti l’acidita’ del succo gastrico svolge la funzione essenziale di denaturare le proteine rendendole piu’ sensibili alla digestione (e inoltre ha una efficace azione battericida). I polipeptidi cosi’ prodotti passano dallo stomaco al duodeno dove incontrano altre endopeptidasi prodotte dal pancreas (TRIPSINA, CHIMOTRIPSINA, elastasi ed altre ancora) che li frammentano ulteriormente. I piccoli polipeptidi cosi’ prodotti vengono infine idrolizzati a singoli aminoacidi dalle esopeptidasi (chiamati aminopeptidasi se idrolizzano il polipeptide a partire dall’estremita’ -NH 2, carbossipeptidasi se lo idrolizzano a partire dall’estremita’ -COOH). Le aminopeptidasi sono associate alla membrana delle cellule intestinali; le carbossipeptidasi sono presenti nel succo pancreatico. I singoli aminoacidi prodotti alla fine del processo digestivo vengono infine assorbiti dalle cellule intestinali. FENOMENI PATOLOGICI A CARICO DEI PROCESSI DIGESTIVI: ALLERGIE E INTOLLERANZE, Si chiamano intolleranze alimentari le condizioni, spesso ereditarie, per cui l’ingestione di un alimento o di un gruppo di alimenti causa sintomi intestinali dovuti all’incapacita’ dell’organismo di digerirlo ed assorbirlo. L’alimento indigerito costituisce nutrimento per la flora batterica e puo’ favorire l’insorgenza di enteriti batteriche. La causa piu’ frequente di intolleranze alimentari e’ la carenza di uno specifico enzima digestivo. Ad esempio in molte etnie umane gli adulti smettono di produrre la lattasi e diventano intolleranti agli alimenti che contengono lattosio. Questa condizione non e’ grave ma richiede che l’eliminazione del latte e dei suoi derivati dalla dieta, o almeno una loro drastica riduzione. E’ molto grave invece la carenza genetica di lattasi nel neonato, che impone la sostituzione del latte materno con un latte artificiale nel quale il lattosio e’ stato predigerito o sostituito con glucosio. Esistono malattie metaboliche nelle quali non ci sono difetti nella digestione e assorbimento dei nutrienti, ma nel loro metabolismo successivo: ad esempio la fenilchetonuria e’ un difetto nel catabolismo degli aminoacidi fenilalanina e tirosina, che se ingeriti in eccesso risultano tossici. La condizione e’ presente fin dalla nascita e il neonato deve essere alimentato con cibi artificialmente impoveriti di questi aminoacidi. Una dieta normale infatti gli causerebbe danni cerebrali gravi e ritardo nello sviluppo intellettuale. Queste condizioni non sono da tutti considerate tra le intolleranze alimentari perche’ la sintomatologia non e’ a carico degli organi digerenti, e sono in genere considerate tra i dismetabolismi. Un caso interessante e peculiare e’ quello del favismo. In questa malattia genetica, ereditaria, il paziente presenta una variante dell’enzima glucosio 6 fosfato deidrogenasi che viene inibita da una sostanza presente nelle leguminose (soprattutto nelle fave). Non solo l’ingestione di questi legumi, ma anche l’inalazione del loro polline genera un quadro dismetabolico molto grave perche’ blocca la via dei pentoso fosfati.- Molto diverso e’ il caso delle allergie alimentari, Le allergie sono malattie nelle quali l’organismo produce anticorpi della classe delle IgE contro vari antigeni; forme allergiche tipiche sono le pollinosi, le riniti e la c.d. febbre da fieno. Gli anticorpi in genere hanno funzione difensiva, ma nelle malattie allergiche sono prodotti contro sostanze innocue e scatenano reazioni difensive esagerate, inutili e dannose. Nel caso delle allergie alimentari gli antigeni contro i quali il corpo reagisce sono presenti negli alimenti. Sono condizioni acquisite (non presenti alla nascita) e potenzialmente gravi, occasionalmente letali. Ovviamente il malato deve evitare in modo assoluto i cibi ai quali e’ allergico ed e’ consigliabile effettuare prove cutanee di sensibilita’ agli allergeni. Alcune malattie presentano quadri misti, sia di intolleranza che di allergia: ad esempio nel morbo celiaco il paziente ha una intolleranza alla gliadina, una proteina contenuta nel grano e nelle farine che se ne producono. I frammenti parzialmente digeriti e non assorbiti della proteina si comportano come allergeni e generano risposte allergiche. Anche questa malattia puo’ essere alquanto grave. VITAMINE E COMPONENTI ESSENZIALI DELLA DIETA Molti microorganismi e tutte le piante capaci di fotosintesi sono in grado di produrre da se stessi tutti i componenti organici necessari al loro metabolismo, a partire da una sorgente qualsiasi di carbonio (ad es. glucosio; CO 2 nel caso delle piante capaci di fotosintesi), di azoto (amine o ammidi) e da acido fosforico. Gli animali invece necessitano di introdurre con la dieta anche alcuni composti organici che sono necessari al metabolismo ma che non vengono sintetizzati dal loro organismo; questi composti sono chiamati ESSENZIALI. I nutrienti essenziali per l’uomo sono: 1) le vitamine.2) Gli 8 aminacidi essenziali: fenilalanina/tirosina; isoleucina; leucina; lisina; metionina/cisteina; treonina; triptofano e valina. Inoltre l’arginina che sfugge al ciclo dell’urea (nel quale e’ prodotta ma anche degradata) e’ insufficiente al fabbisogno e deve quindi essere fornita con la dieta. Gli aminoacidi che compaiono in coppia nell’elenco possono essere convertiti gli uni negli altri ma non prodotti da altre fonti (ad es. e’ possibile convertire fenilalanina in tirosina ma almeno uno dei due deve essere fornito con la dieta).3) Gli acidi grassi poliinsaturi (ad es. l’acido arachidonico, necessario per la biosintesi delle prostaglandine) e alcuni composti analoghi (ad es. l’acido lipoico). LE VITAMINE, Le vitamine sono piccole molecole organiche delle quali il nostro organismo ha bisogno ma che non puo’ sintetizzare (o almeno non puo’ sintetizzare a partire da precursori semplici), e che devono essere contenute nella dieta. La scoperta che la dieta deve contenere sostanze particolari, pena lo sviluppo di malattie specifiche (le avitaminosi o carenze vitamiche), e’ abbastanza antica, ma la caratterizzazione chimica delle vitamine e’ incominciata intorno nel 1912 con i lavori di Casimir Funk che isolo’ la vitamina B1. Le vitamine sono convenzionalmente divise in liposolubili (prevalentemente contenute in alimenti grassi) e non liposolubili.

VITAMINE LIPOSOLUBILI
vitamina contenuta in fabbisogno giornaliero ruolo fisiologico malattia da carenza
A (retinolo) vegetali (carote) 0,75 mg sviluppo dei tessuti osseo ed epiteliale; cofattore delle proteine della retina (visione) difetti della visione; danni a carico della cute e delle mucose
D (calciferolo) grassi animali e vegetali (prodotta anche dall’irraggiamento solare dei grassi della cute) (0,01 mg) assorbimento del calcio rachitismo (nel bambino); osteomalacia (nell’adulto)
E (tocoferolo) vegetali 10-20 mg antiossidante
K (menadione) prodotta dalla flora intestinale (0,1 mg) necessaria per la produzione degli enzimi della coagulazione (sindromi emorragiche)
VITAMINE IDROSOLUBILI
B1 (tiamina) cuticola dei cereali 1,5 mg precursore del coenzima delle decarbossilasi Beri-beri e malattia di Wernicke-Korsakoff (due diverse malattie neurologiche)
B2 (riboflavina) molto diffusa 1.5 mg precursore dei coenzimi FAD e FMN
B3 (niacina) lievito, carni 20 mg precursore dei coenzimi NAD + e NADP + pellagra (malattia della cute e del sistema nervoso)
B6 (pridossina) molto diffusa 2 mg precursore del coenzima delle transaminasi
B12 (cobalamina) fegato, cereali, molluschi (l’assorbimento richiede una specifica proteina prodotta dallo stomaco) 0,003 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia perniciosa (anemia megaloblastica e sintomi neurologici)
acido folico molto diffusa 0,4 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia megaloblastica
acido folico molto diffusa 0,4 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia megaloblastica
acido lipoico molto diffusa ? coenzima di alcune ossidoreduttasi
acido pantotenico molto diffusa 10 mg precursore del coenzima A
C (acido ascorbico) agrumi 100 mg antiossidante Scorbuto
H (biotina) molto diffusa 0,03 mg coinvolta nelle reazioni di decarbossilazione

LE PROTEINE DEL SANGUE Il sangue puo’ essere frazionato in due componenti essenziali: la parte corpuscolata che include i globuli rossi, i bianchi e le piastrine, e la parte liquida che si chiama plasma. Se si permette la coagulazione dopo il prelievo, il plasma viene deprivato del fibrinogeno, che precipita sotto forma di fibrina, e cio’ che ne rimane prende il nome di siero.

Il siero del sangue contiene fisiologicamente alcuni enzimi necessari alle sue funzioni, quali ad es. quelli della coagulazione; contiene inoltre enzimi che dovrebbero essere intracellulari ma che si liberano nel siero in conseguenza della morte delle cellule che li contengono. L’indagine diagnostica piu’ semplice che puo’ essere condotta sulla parte corpuscolata del sangue e’ l’esame emocromocitometrico, che consiste nel separare e contare i vari tipi cellulari (al microscopio o con strumenti automatizzati).

Per gli studi del siero invece si utilizza l’elettroforesi che consiste nel deporre una goccia di siero su un supporto (in genere un particolare tipo di carta assorbente) e far muovere le proteine in un campo elettrico; questo separa le proteine in base alla loro carica elettrica. La concentrazione delle proteine del plasma e’ di circa 7 g/100 mL, e la proteina piu’ abbondante nel protidogramma e’ l’ albumina che da sola costituisce circa il 40% delle proteine totali. L’albumina forma una intensa banda colorata verso il polo positivo ed e’ la proteina del siero con maggiore carica negativa (per questo si muove piu’ rapidamente delle altre verso il polo positivo.

Dietro l’albumina migrano nel campo elettrico le globuline alfa, poi le beta ed infine le gamma. L’EMOGLOBINA L’emoglobina e’ una proteina del sangue contenuta all’interno dei globuli rossi ma non nel plasma: pertanto non appare nel protidogramma. La sua concentrazione, misurata nel sangue intero, e’ molto elevata, pari a circa 14 g/100 mL.

E’ costituita da quattro subunita’: due catene polipeptidiche chiamate alfa e due beta; ciascuna di queste porta una molecola organica piuttosto complessa chiamata eme che ha al centro uno ione Fe +2, L’eme ha un colore intensamente rosso e l’emoglobina e’ responsabile del colore del nostro sangue.

  1. La funzione dell’emoglobina e’ il trasporto dell’ossigeno, che si combina reversibilmente con il ferro dell’eme e puo’ essere assorbito dal sangue nei capillari polmonari e ceduto ai tessuti.
  2. Si deve ricordare che, come tutti i gas che seguono la legge di Henry, l’ossigeno e’ poco solubile in acqua e la sua concentrazione nel sangue e’ pari a circa 0,2 mM; l’emoglobina invece e’ solubile e molto abbondante e la sua “concentrazione” nel sangue (ignorando il problema della sua distribuzione soltanto all’interno dei globuli rossi) e’ poco meno di 2,5 mM.

Se si considera che ogni molecola di emoglobina contiene quattro emi e quindi si combina con quattro molecole di ossigeno, si conclude che l’ossigeno puo’ essere contenuto nel sanuge arterioso nella misura di poco meno di 10 mMoli / L, e che soltanto il 2% di esso e’ fisicamente disciolto nei liquidi ematici mentre il 98% e’ legato all’emoglobina.

  1. LA COAGULAZIONE DEL SANGUE.
  2. La coagulazione del sangue e’ un processo biochimico complesso che avviene in due fasi.
  3. La prima risposta alla lesione di un vaso sanguigno (che puo’ aprirsi sia in una ferita esterna che in un sanguinamento interno) e’ l’AGGREGAZIONE DELLE PIASTRINE, corpuscoli subcellulari presenti nel sangue in numero di circa 200.000/mmc.

Il tappo piastrinico cosi’ formato arresta l’emorragia ma e’ instabile e dura soltanto poche ore; ha lo scopo di permettere la FORMAZIONE DELLA RETE DI FIBRINA, che costituisce la seconda fase del processo di coagulazione. La fibrina e’ una proteina che viene deriva dalla degradazione di una proteina circolante prodotta dal fegato e chiamata FIBRINOGENO.

Il fibrinogeno e’ solubile grazie al fatto che alle estremita’ della catena polipeptidica sono presenti residui aminoacidici carichi e molto idrofilici; una proteasi specifica chiamata TROMBINA ha la funzione di tagliare via queste estremita’ (i fibrinopeptidi): il prodotto e’ una proteina piu’ piccola, la fibrina, insolubile che precipita e forma una rete macromolecolare sul tappo piastrinico.

Poiche’ la trombina deve convertire il fibrinogeno in fibrina soltanto in presenza di una emorragia, essa circola nel sangue nella forma di un precursore inattivo, la PROTROMBINA, che a sua volta deve essere attivato mediante taglio proteolitico. Il controllo biochimico dell’attivazione della protrombina e’ piuttosto complesso perche’, per permettere la coagulazione rapida in caso di bisogno il sangue contiene tutte le proteine necessarie in forma inattiva, ma deve essere evitato il rischio di una loro attivazione non necessaria.

  • Quando il meccanismo di controllo fallisce si hanno sindromi cliniche piuttosto gravi come la trombosi o la coagulazione intravascolare disseminata.
  • Il controllo dell’attivazione della protrombina e’ affidato ad una cascata di proteasi, chiamate i fattori della coagulazione, ciascuna delle quali e’ presente in forma inattiva e viene attivata dal fattore che la precede nella cascata; una volta attivata ha la capacita’ di attivare il fattore successivo.

L’attivazione della coagulazione segue due strade, chiamate intrinseca ed estrinseca. Nella via intrinseca il contatto del sangue con pareti diverse dall’endotelio vascolare causa la conversione proteolitica del fattore XII in fattore XII attivato (XIIa).

Il fattore XIIa e’ una proteasi specifica che converte il fattore XI in XIa e questo a sua volta il IX in IXa. Il fattore IX attivato (IXa) ed il fattore VIII attivato (VIIIa) agendo insieme attivano il fattore X il quale finalmente e’ responsabile di convertire la protrombina in trombina. Una catena complessa come questa protegge l’organismo dalla coagulazione intravascolare accidentale perche’ e’ improbabile che si attivino insieme, in assenza di una lesione dell’endotelio, sia il fattore IX che il fattore XIII.

In cambio, purtroppo, a causa di difetti genetici ereditari, e’ possibile che l’attivazione della protrombina sia inefficiente: il difetto del fattore VIII costituisce l’emofilia classica (emofilia A), mentre il difetto del fattore IX ne costituisce una variante (emofilia B). Che differenza c’e tra i fattori della coagulazione e le loro controparti attivate, ad esempio tra la protrombina e la trombina o tra il fattore X e l’Xa? Per fortuna il meccanismo di attivazione dei fattori della coagulazione e’ piuttosto stereotipato.

  1. Ogni fattore della coagulazione e’ una proteasi il cui sito attivo e’ occupato da una “coda” della stessa catena polipeptidica; quando la coda viene digerita dal fattore precedente (ad es.
  2. La coda del fattore X viene tagliato dal fattore IXa), il sito attivo si libera e e diventa capace di attivare il fattore successivo (ad es.

il fattore Xa taglia la coda di catena polipeptidica che occupa il sito attivo della trombina). GLI ANTICORPI Gli anticorpi sono proteine prodotte e secrete nel sangue dai linfociti B o dalle plasmacellule (che derivano dai linfociti B). Sono chiamati anche immunoglobuline (Ig) e sono di vari tipi: IgG, IgE, IgM, IgA.

  1. La struttura piu’ tipica e’ quella delle IgG, costituite da quattro catene polipeptidiche, due leggere (L) e due pesanti (H), legate tra loro da ponti disolfuro tra residui di cisteina.
  2. Ogni molecola di IgG ha la forma di una Y e alle due estremita’ costituite da una catena L e una catena H presenta una regione che e’ capace di combinarsi con altre molecole (chiamate antigeni).

Ogni IgG presenta quindi due siti di legame per l’antigene, tra loro identici: Le IgE hanno struttura simile alle IgG e sono responsabili in particolare di alcune malattie allergiche; le IgM sono costituite da cinque molecole, ciascuna simile ad una IgG, legate tra loro; le IgA che al contrario delle precedenti non si trovano nel sangue ma sono caratteristiche delle secrezioni mucose sono costituite da tre molecole, ciascuna simile ad una IgG, legate tra loro.

La funzione delle immunoglobuline e’ quella di combinarsi con sostanze o organismi estranei eventualmente penetrati nel sangue e neutralizzarli: sono quindi fondamentali per la difesa dell’organismo in corso di infezioni virali, batteriche e parassitarie. I linfociti B richiedono un certo tempo per produrre le immunoglobuline adatte a neutralizzare un microorganismo che incontrano per la prima volta, quindi a seguito di una infezione virale o batterica, l’organismo umano si trova inizialmente poco difeso.

Nello spazio di due o tre settimane appaiono nel sangue prima le IgM e poi le IgG specifiche per il microorganismo invasore e questo in genere avvia il processo di guarigione dall’infezione. Se lo stesso microorganismo attacca nuovamente l’individuo, la produzione di anticorpi e’ precoce perche’ i linfociti B conservano una “memoria” della precedente infezione e la malattia non si sviluppa.

  • Questa e’ la ragione per la quale alcune malattie, quali ad es.
  • Il morbillo o la parotite epidemica (orecchioni) ci colpiscono una sola volta nella vita; e’ anche la ragione per la quale se l’organismo viene sottoposto ad infezione con una variante attenuata del germe (vaccinazione) diventa immune dalla malattia e non se ne ammala mai.

Purtroppo non tutte le malattie infettive danno memoria e immunita’, per varie ragioni, e quindi di alcune possiamo ammalarci piu’ volte nella vita. Nell’elettroforesi del siero le immunoglobuline migrano nella frazione delle gamma globuline. ENZIMI PRESENTI NEL SANGUE NEL CORSO DI MALATTIE Il sangue contiene enzimi che dovrebbero essere intracellulari ma che si liberano nel siero in conseguenza della morte delle cellule che li contengono; il loro dosaggio ha interesse diagnostico.

  1. I principali tra questi sono: TRANSAMINASI : nel sangue si trovano nel sangue a bassa concentrazione due enzimi che scambiano tra loro gruppi aminici e chetonici: la glutamico-ossalacetico transaminasi (GOT o AST) e la glutamico-piruvico transaminasi (GPT o ALT).
  2. La reazione catalizzata dalla GPT, qui riportata a titolo di esempio, e’ la seguente: CH 3 -CO-COOH + COOH-(CH 2 ) 2 -CHNH 2 -COOH CH 3 -CHNH 2 -COOH + COOH-(CH 2 ) 2 -CO-COOH Questi enzimi derivano principalmente dal ricambio delle cellule del fegato, che in piccolissima percentuale, ogni tanto, muoiono e vengono sostituite: le cellule morte rilasciano il loro contenuto enzimatico (quindi anche la GPT e la GPT) nel sangue.

Nel corso di malattie che causano la morte di cellule epatiche in gran numero, quali ad esempio le epatiti virali, le transaminasi epatiche vengono liberate nel sangue in grande quantita’; quindi un signficativo aumento della GOT e della GPT e’ diagnostico per una malattia epatica.

CREATINA FOSFOCHINASI (CPK) E CITOCROMO c : sono enzimi caratteristici delle cellule muscolari e cardiache; la loro concentrazione ematica aumenta in corso di infarto del miocardio o di malattie della muscolatura scheletrica. LATTICO DEIDROGENASI (LDH) : un enzima presente in molti tessuti la cui concentrazione ematica aumenta nel corso di patologie muscolari e cardiache, del sistema nervoso centrale, del fegato e del tessuto ematopoietico.

GLI ORMONI Gli ormoni sono molecole di vario tipo prodotte da organi specializzati chiamati ghiandole endocrine e riversati nel sangue. Svolgono la funzione di regolatori di varie funzioni fisiologiche: cioe’ le cellule dell’organismo in presenza di ogni ormone alterano in modo specifico la loro funzione.

  1. Dal punto di vista biochimico i principali ormoni possono essere: (1) piccole proteine; (2) derivati di aminoacidi; (3) derivati del colesterolo.
  2. Gli ormoni solubili in acqua (tipicamente quelli proteici) non hanno difficolta’ a viaggiare nel sangue ma non possono penetrare attraverso la membrana cellulare e rimangono al di fuori della cellula; si combinano con una specifica prteina di membrana della cellula bersaglio (recettore) ed e’ quest’ultima a trasmettere il segnale all’interno della cellula, in genere mediante un “secondo messaggero” (che puo’ essere lo ione calcio o una molecola sintetizzata allo scopo come l’amp ciclico, cAMP).

Gli ormoni non solubili in acqua sono trasportati nel sangue legati a proteine (in genere all’albumina); pero’ attraversano la membrana cellulare ed in genere raggiungono il nucleo cellulare dove trovano il loro recettore e partecipano alla regolazione dell’espressione genica.

ORMONI
ormone prodotto da organi bersaglio ruolo fisiologico malattie correlate
Somatotropina (GH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) tutti i tessuti dell’organismo Stimolo della replicazione cellulare e dell’accrescimento Eccesso di secrezione: gigantismo o acromegalia; difetto di secrezione: nanismo armonico
Adrenocorticotropina (ACTH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) corteccia surrenali Stimolo della secrezione di degli ormoni glicocorticoidi, mineralcorticoidi e sessuali Eccesso di secrezione: morbo di Cushing difetto di secrezione: morbo di Addison
Tireotropina (GH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) Tiroide Stimolo della secrezione di T3 e T4 Eccesso di secrezione: ipertiroidismo; difetto di secrezione: ipotiroidismo
Tetra-Iodo-Tironina (tiroxina, T4) e Tri-Iodo-Tironina (T3) (derivati dell’aminoacido tirosina) Tiroide tutti i tessuti dell’organismo disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa; produzione di calore, aumento del metabolismo Eccesso di secrezione: ipertiroidismo; difetto di secrezione: ipotiroidismo
Tireocalcitonina (piccola proteina) Tiroide osso, intestino, rene promuove la deposizione di calcio nelle ossa
Paratormone (piccola proteina) Paratiroidi osso, intestino, rene promuove il riassorbimento di calcio dall’osso e ne regola l’assorbimento e l’eliminazione Eccesso di secrezione: osteoporosi
Cortisolo e altri glicocorticoidi (derivati del colesterolo) Corteccia surrenale tutti i tessuti dell’organismo Eccesso di secrezione: morbo di Cushing difetto di secrezione: morbo di Addison
Aldosterone e altri mineralcorticoidi (derivati del colesterolo) Corteccia surrenale rene promuove il riassorbimento di ione potassio dalle urine
Adrenalina e nor-adrenalina (derivati dell’aminoacido tirosina) Midolla surrenale Cuore, muscolatura della parete arteriosa aumento della frequenza e dell’energia della contrazione cardiaca; aumento della pressione arteriosa Eccesso di secrezione (feocromocitoma): crisi ipertensive e tachicardia

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Quali sono gli alimenti più difficili da digerire?

6. Gli alimenti sott’olio e sott’aceto – Gli alimenti sott’olio e sott’aceto vengono considerati tra i più difficili da digerire, in quanto ci impiegano oltre otto ore. Dunque è bene mangiali ma con moderazioni in quanto possono creare non pochi problemi al nostro sistema digestivo.
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Quanto tempo rimangono le feci nell’intestino?

Transito intestinale: il colon – Il materiale che arriva nel colon è quanto resta dopo che i nutrienti presenti sono stati digeriti e assorbiti. La funzione principale del colon è quella di riassorbire acqua e sali, con formazione e, finalmente, eliminazione delle feci.

Mentre il transito tra stomaco e tenue può richiedere intorno alle sei-sette ore, il transito nel colon è molto lento, questione di giorni addirittura. Il processo è sotto il controllo del Sistema Nervoso Enterico, parte del Sistema Nervoso Autonomo, con contrazioni che si propagano attraverso i segmenti del colon e sono modulate da alcuni peptidi come somatostatina, neurotensina e motilina.

Non ci sono dati chiari sul rapporto tra velocità di transito nel colon, obesità e altre patologie. Pare invece evidente che ci siano importanti legami tra velocità di transito e microbiota intestinale, l’insieme di batteri e altri microrganismi che vive nel nostro apparato digerente e che è particolarmente abbondante nel colon.

Le specie più abbondanti appartengono a due diversi phyla, Firmicutes e Bacteroidetes con presenze importanti anche di Actinobacteria, Proteobacteria e Verrucomicrobia, Al momento non abbiamo una definizione precisa di quale sia un microbiota sano, ma appare evidente che in condizioni particolari come obesità o diabete si registrano importanti alterazioni nella compagine batterica intestinale.

Studi su animali privi di microbiota hanno mostrato che il transito intestinale è notevolmente rallentato ma può essere riportato alla normalità ripristinando la flora batterica con Lactobacillus e Bifidobacterium, Il microbiota influenza il transito nel colon grazie al gran numero di sostanze prodotte, come acidi grassi a catena corta e lipopolisaccaridi, attraverso meccanismi neurali e umorali ancora da chiarire.

Tuttavia anche la velocità di transito del materiale nel colon influenza il microbiota, che appare più abbondante e diversificato con un transito più rapido, mentre una ridotta velocità si accompagna non soltanto ad una riduzione del numero di specie presenti ma anche ad un aumento dei metanogeni e dei clostridi, con un forte incremento dei prodotti finali del metabolismo batterico delle proteine.

Probabilmente il transito colonico rallentato porta ad una completa deplezione delle fibre non digeribili, fatto che favorisce l’aumento di quelle specie batteriche in grado di sostentarsi grazie alla fermentazione delle proteine residue presenti nella massa fecale. Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne I batteri che vivono nel nostro intestino, il microbiota intestinale, può modulare la velocità di transito, soprattutto a livello del colon e allo stesso tempo ne è modulato: una rete di interazioni non facile da districare
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Cosa si digerisce prima carboidrati o proteine?

Quali sono i tempi di digestione degli alimenti – Il processo digestivo inizia in bocca, dove il cibo viene tagliato dagli incisivi, strappato dai canini e triturato dai molari per poi essere impastato assieme alla saliva. Questo “impasto”, che si chiama bolo, prosegue poi il suo percorso nell’esofago e si ferma nello stomaco per un tempo variabile : 1-2 ore per i carboidrati, 3-4 ore per le proteine e 5 o più ore per i grassi.

Non tutti i cibi hanno dunque la stessa permanenza nello stomaco : pane, pasta, riso, che sono costituiti essenzialmente da carboidrati complessi, viaggiano con una maggiore velocità rispetto a una bistecca di manzo, al prosciutto di maiale o agli insaccati in generale. Latte scremato, tè e caffè sostano nello stomaco da 20 minuti a un’ora, un’insalata di patate anche 3 o 4 ore come il petto di pollo.

Quindi lo stomaco, dopo ogni pasto, ha bisogno di un tempo variabile da 1 a 6 ore per svuotarsi, Ciò che ne esce è un composto semidigerito detto chimo, che deve essere sottoposto al completamento della digestione nel primo tratto dell’intestino tenue, un tubo “aggrovigliato” lungo più di 6 metri.
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Qual è l alimento con più proteine al mondo?

Alimenti proteici: i 20 alimenti più ricchi di proteine – I cibi più ricchi di proteine in assoluto derivano sia da alimenti vegetali che animali. Mentre i primi sono classificati come fonti proteiche di bassa qualità, i secondi, invece, sono ad alto valore biologico, Per avere un punto di riferimento, consideriamo il contenuto di proteine presente nei classici 100 g di alimento, In questa tabella trovi gli alimenti più ricchi di proteine.

Alimento (100 g) Proteine (g)
Pesce molo, stoccafisso, secco 80,1
Ciccioli 45,9
Bottarga 43.5
Soia secca 36,9
Farina di soia 36,8
Caciocavallo 35,7
Faraona, coscio, senza pelle 34,4
Soppressata di Calabria 34,2
Grada Padano DOP 33,9
Salsiccia di Calabria 33,6
Bresaola della Valtellina IGP 33,1
Parmigiano Reggiano DOP 32,4
Sardine fritte 32,3
Pinoli 31,9
Pollo, ala, con pelle 31,7
Pollo, fuso, con pelle 31,2
Speck Alto Adige IGP 30,7
Faraona, petto, senza pelle 30,7
Latteria 30,7
Groviera 30,6

Il pesce molo è in assoluto l’ alimento più ricco di proteine, con ben 80 g di proteine per 100 g di alimento. Seguono, con quantità più ridotte, alimenti principalmente di origine animale (carne e latticini), ad eccezione della soia che l’alimento vegetale più proteico.
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Quali proteine non mischiare?

Troppe fanno male? – Per favorire i processi digestivi è importante evitare di mischiare nello stesso pasto proteine di diversa origine, sia animali-animali (ad esempio uova e pesce, latte e carne), che animali-vegetali (carne-legumi). Queste associazioni, infatti, al pari di un’eccessiva ingestione di proteine (indipendentemente dall’origine), riducono le capacità di digestione ed assorbimento delle stesse; gli amminoacidi non recuperati favoriscono la crescita di una flora putrefattiva a livello del colon, che può accompagnarsi a stitichezza o ad emissione di feci poco formate ed oleose, con espulsione di gas intestinali di odore particolarmente cattivo e possibile aumento del rischio di cancro al colon,

  • Inoltre, diete ad alto tenore proteico favoriscono la perdita di minerali importanti come il calcio, predisponendo allo sviluppo di osteoporosi,
  • Tuttavia non tutti gli autori sono concordi nel ritenere la dieta iperproteica un fattore di rischio per l’osteoporosi, considerato l’effetto positivo sull’assorbimento intestinale di calcio e sulla secrezione di ormoni osteo-anabolici, come l’ IGF-1,

Inoltre, l’ ipercalciuria associata alle diete iperproteiche potrebbe essere compensata dalla contemporanea e generosa assunzione di alimenti alcalinizzanti (frutta e verdure fresche). Se le proteine animali, come abbiamo visto, sono gravate dalla contemporanea presenza di colesterolo e grassi saturi, quelle vegetali sono generalmente associate ad alcuni antinutrienti, compresi gli inibitori della tripsina ) che bloccano la digestione delle proteine ), e significative quantità di fitati (che legandosi ad alcuni calcio, magnesio, manganese, zinco, rame e ferro, ne riducono l’assorbimento).

  1. I fitoestrogeni della soia, se assunti in eccesso, possono sovvertire il normale equilibrio endocrino dell’organismo, in senso positivo secondo alcuni studi, ma anche in senso negativo secondo molti altri.
  2. Tutti questi esempi sono stati esposti per chiarire che non esistono fonti proteiche ottimali o migliori delle altre; l’alimentazione, non a caso, deve prima di tutto essere varia.

In questo modo, infatti, è probabile che tutti i nutrienti di cui l’organismo ha bisogno vengano assunti nelle giuste quantità. Inoltre, sono minimizzate le conseguenze negative derivanti dall’ingestione di sostanze potenzialmente nocive, che possono essere presenti sin dall’origine oppure formarsi in seguito ai processi di lavorazione, conservazione e cottura dell’alimento.
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Qual è il cibo con più proteine del mondo?

Alimenti ricchi di proteine –

Alimenti con maggior contenuto di proteine
ALIMENTO g proteine/100 g
SOIA SECCA 36,9
GRANA 33,9
BRESAOLA 32
PINOLI 31.9
ARACHIDI TOSTATE 29
PROSCIUTTO CRUDO 28
SALAME 27
.
FAGIOLI SECCHI 23,6
PETTO DI POLLO 23,3
TONNO FRESCO 21,5
BOVINO ADULTO FILETTO 20.5
MERLUZZO O NASELLO 17,0

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Alimento Valore bilogico UOVA 100 LATTE 91 CARNE BOVINA 80 PESCE 78 PROTEINE DELLA SOIA 74 RISO 59 GRANO 54 ARACHIDI 43 FAGIOLI SECCHI 34 PATATA 34

N.B. la cottura dei cibi diminuisce notevolmente il valore biologico delle proteine

Integratore Valore bilogico
PROTEINE DEL SIERO DEL LATTE >100
PROTEINE DELL’UOVO 100
PROTEINE DEL LATTE >90
PROTEINE DELLA CASEINA <80
PROTEINE DELLA SOIA <75
PROTEINE DEL GRANO <55

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Quali sono i cibi da evitare la sera?

alimenti permessi a cena – Gli alimenti da mangiare a cena sono diversi e possono essere combinati tra loro per comporre menu per tutti i gusti e tutte le esigenze. Per la parte proteica troviamo carne bianca, uova e pesce magro. In quanto ai cereali, meglio integrali perché sono ricchi di fibre e sarebbe ottimo unirne anche più di uno nello stesso pasto.

Va bene anche la pasta, che non fa ingrassare, purché consumata in porzioni adeguate con condimenti poco grassi. In generale, i cereali sono perfetti a cena, perché sono ricchi di carboidrati, sostanze che sollecitano il rilascio di endorfine e conciliano il sonno. Le verdure di stagione vanno sempre bene, tenendo sempre in conto di dover consumare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, di 5 colori diversi.

Buone e cattive abitudini :

Cenare presto significa dare all’organismo il tempo di digerire quanto assimilato prima di andare a dormire;Una passeggiata subito dopo cena è necessaria per evitare fastidi comuni come reflusso o insonnia;A tal proposito, per conciliare il sonno, si possono consumare tisane o camomilla, notoriamente rilassanti;Evitare cibi troppo ricchi di grassi, specie i fritti che ritardano il processo di digestione;Tenersi lontani dagli alcolici e dalle bevande zuccherineEvitare alimenti ricchi di zuccheri prediligendo cereali ricchi di fibre e carboidrati complessi

Dentro De Quanto Tempo O Corpo Digere A Proteina Da Carne
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Quanto tempo il cibo rimane nello stomaco?

Quanto Tempo occorre per Digerire un Pasto? – A titolo indicativo pasti leggeri richiedono tempi di digestione gastrica di 2 o 3 ore; pasti normali rimangono nello stomaco per 3 o 4 ore, mentre menù particolarmente elaborati richiedono fino a 5 o 6 ore prima di arrivare nell’ intestino tenue,
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Come si digeriscono le proteine?

CORSO DI CHIMICA E BIOCHIMICA PRIMA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA – CLUPS DIETISTA; INFERMIERE; TECNICO DI LABORATORIO SAPIENZA UNIVERSITA’ DI ROMA BIOCHIMICA 3: ALCUNI ARGOMENTI DELLA BIOCHIMICA PARTICOLARMENTE RILEVANTI PER LA MEDICINA LA DIGESTIONE DEGLI ALIMENTI Gli alimenti ingeriti con la dieta devono essere DIGERITI nell’intestino (cioe’ scomposti nei loro costituenti a minor peso molecolare) prima di essere ASSORBITI (trasferiti dal lume intestinale al sangue). I processi digestivi sono dovuti ad enzimi specializzati prodotti dalle ghiandole esocrine annesse all’intestino (gh. salivari, cellule specializzate della mucosa gastrica, pancreas). La digestione degli alimenti assolve due funzioni: (1) in primo luogo l’organismo non puo’ usare le macromolecole esterne introdotte con la dieta, ma deve sintetizzare le proprie (si vedano gli argomenti sintesi proteica e metabolismo), a partire dai monomeri che le costituiscono; i processi digestivi assolvono questa funzione convertendo macromolecole in monomeri. (2) Le macromolecole assunte con la dieta potrebbero essere tossiche, mentre i monomeri che le costituiscono non lo sono; inoltre i microorganismi che inevitabilmente contaminano gli alimenti potrebbero essere patogeni; i processi digestivi hanno quindi anche la funzione di proteggere l’organismo. Poiche’ i processi digestivi differiscono a seconda del tipo di molecola che era contenuta nell’alimento ingerito (ogni alimento contiene in proporzioni variabili acqua, sali, glicidi, lipidi e proteine; in minor misura acidi nucleici e altri componenti), e’ conveniente descrivere separatamente i processi digestivi a carico di ciascuna classe di macromolecole biologiche. LA DIGESTIONE DEI GLICIDI, I glicidi sono presenti negli alimenti in forma di polisaccaridi (principalmente l’amido degli alimenti di origine vegetale), disaccaridi (principalmente saccarosio nella frutta e lattosio nel latte e nei suoi derivati) e, piu’ raramente, monosaccaridi (ad es. il glucosio in alcuni frutti e il fruttosio nel miele). La digestione dell’amido e del glicogeno e’ dovuta alle AMILASI (enzimi prodotti dalle ghiandole salivari e dal pancreas) che degradano il polimero producendo frammenti progressivamente sempre piu’ piccoli chiamati maltodestrine. I prodotti finali di questo processo sono i disaccaridi maltosio e isomaltosio, le cui formule sono riportate in una lezione precedente, I disaccaridi non possono essere assorbiti come tali dalle cellule intestinali ma subiscono una ulteriore digestione che li idrolizza a monosaccaridi; gli enzimi responsabili sono le disaccaridasi. Poiche’ l’uomo possiede solo quattro disaccaridasi, soltanto quattro disaccaridi possono essere digeriti a monosaccaridi dal nostro intestino: 1) l’enzima maltasi idrolizza il maltosio trasformandolo in due molecole di glucosio.2) L’isomaltasi idrolizza l’isomaltosio trasformandolo in due molecole di glucosio.3) La lattasi idrolizza il lattosio trasformandolo in una molecola di glucosio e una di galattosio.4) La saccarasi idrolizza il saccarosio trasformandolo in una molecola di glucosio e una di fruttosio. I monosaccaridi possono essere assorbiti dalle cellule intestinali, che li riversano nel sangue del territorio mesenterico-portale e tramite questo raggiungono il fegato che puo’ conservarli sotto forma di glicogeno. I polisaccaridi e disaccaridi che introduciamo con la dieta ma che non possiamo digerire per la mancanza degli enzimi necessari non possono essere utilizzati e finiscono nelle feci sotto forma di “fibra”; la principale sorgente di fibra della dieta e’ la cellulosa (un omopolimero del glucosio diverso dall’amido). LA DIGESTIONE DEI TRIGLICERIDI, I principali lipidi della dieta sono i trigliceridi contenuti negli oli vegetali e nei grassi di origine animale. La digestione dei trigliceridi avviene ad opera di enzimi chiamati lipasi che idrolizzano il trigliceride ad un monogliceride e due acidi grassi; questi componenti vengono separatamente assorbiti dalle cellule intestinali che li utilizzano per risintetizzare trigliceridi da rilasciare infine nel sangue a livello del circolo mesenterico-portale sotto forma di chilomicroni (gocciole microscopiche di grassi). LA DIGESTIONE DELLE PROTEINE, La digestione delle proteine avviene ad opera di enzimi chiamati endopeptidasi (proteasi) ed esopeptidasi, essenzialmente in due sedi: lo stomaco ed l’intestino tenue. La mucosa dello stomaco secerne una proteasi principale, la PEPSINA, e alcune proteasi accessorie specifiche per proteine particolari (ad es. la chimosina o rennina, specifica per la digestione della caseina del latte). Questi enzimi frammentano le proteine in polipeptidi a peso molecolare piu’ basso e funzionano a pH fortemente acido; infatti l’acidita’ del succo gastrico svolge la funzione essenziale di denaturare le proteine rendendole piu’ sensibili alla digestione (e inoltre ha una efficace azione battericida). I polipeptidi cosi’ prodotti passano dallo stomaco al duodeno dove incontrano altre endopeptidasi prodotte dal pancreas (TRIPSINA, CHIMOTRIPSINA, elastasi ed altre ancora) che li frammentano ulteriormente. I piccoli polipeptidi cosi’ prodotti vengono infine idrolizzati a singoli aminoacidi dalle esopeptidasi (chiamati aminopeptidasi se idrolizzano il polipeptide a partire dall’estremita’ -NH 2, carbossipeptidasi se lo idrolizzano a partire dall’estremita’ -COOH). Le aminopeptidasi sono associate alla membrana delle cellule intestinali; le carbossipeptidasi sono presenti nel succo pancreatico. I singoli aminoacidi prodotti alla fine del processo digestivo vengono infine assorbiti dalle cellule intestinali. FENOMENI PATOLOGICI A CARICO DEI PROCESSI DIGESTIVI: ALLERGIE E INTOLLERANZE, Si chiamano intolleranze alimentari le condizioni, spesso ereditarie, per cui l’ingestione di un alimento o di un gruppo di alimenti causa sintomi intestinali dovuti all’incapacita’ dell’organismo di digerirlo ed assorbirlo. L’alimento indigerito costituisce nutrimento per la flora batterica e puo’ favorire l’insorgenza di enteriti batteriche. La causa piu’ frequente di intolleranze alimentari e’ la carenza di uno specifico enzima digestivo. Ad esempio in molte etnie umane gli adulti smettono di produrre la lattasi e diventano intolleranti agli alimenti che contengono lattosio. Questa condizione non e’ grave ma richiede che l’eliminazione del latte e dei suoi derivati dalla dieta, o almeno una loro drastica riduzione. E’ molto grave invece la carenza genetica di lattasi nel neonato, che impone la sostituzione del latte materno con un latte artificiale nel quale il lattosio e’ stato predigerito o sostituito con glucosio. Esistono malattie metaboliche nelle quali non ci sono difetti nella digestione e assorbimento dei nutrienti, ma nel loro metabolismo successivo: ad esempio la fenilchetonuria e’ un difetto nel catabolismo degli aminoacidi fenilalanina e tirosina, che se ingeriti in eccesso risultano tossici. La condizione e’ presente fin dalla nascita e il neonato deve essere alimentato con cibi artificialmente impoveriti di questi aminoacidi. Una dieta normale infatti gli causerebbe danni cerebrali gravi e ritardo nello sviluppo intellettuale. Queste condizioni non sono da tutti considerate tra le intolleranze alimentari perche’ la sintomatologia non e’ a carico degli organi digerenti, e sono in genere considerate tra i dismetabolismi. Un caso interessante e peculiare e’ quello del favismo. In questa malattia genetica, ereditaria, il paziente presenta una variante dell’enzima glucosio 6 fosfato deidrogenasi che viene inibita da una sostanza presente nelle leguminose (soprattutto nelle fave). Non solo l’ingestione di questi legumi, ma anche l’inalazione del loro polline genera un quadro dismetabolico molto grave perche’ blocca la via dei pentoso fosfati.- Molto diverso e’ il caso delle allergie alimentari, Le allergie sono malattie nelle quali l’organismo produce anticorpi della classe delle IgE contro vari antigeni; forme allergiche tipiche sono le pollinosi, le riniti e la c.d. febbre da fieno. Gli anticorpi in genere hanno funzione difensiva, ma nelle malattie allergiche sono prodotti contro sostanze innocue e scatenano reazioni difensive esagerate, inutili e dannose. Nel caso delle allergie alimentari gli antigeni contro i quali il corpo reagisce sono presenti negli alimenti. Sono condizioni acquisite (non presenti alla nascita) e potenzialmente gravi, occasionalmente letali. Ovviamente il malato deve evitare in modo assoluto i cibi ai quali e’ allergico ed e’ consigliabile effettuare prove cutanee di sensibilita’ agli allergeni. Alcune malattie presentano quadri misti, sia di intolleranza che di allergia: ad esempio nel morbo celiaco il paziente ha una intolleranza alla gliadina, una proteina contenuta nel grano e nelle farine che se ne producono. I frammenti parzialmente digeriti e non assorbiti della proteina si comportano come allergeni e generano risposte allergiche. Anche questa malattia puo’ essere alquanto grave. VITAMINE E COMPONENTI ESSENZIALI DELLA DIETA Molti microorganismi e tutte le piante capaci di fotosintesi sono in grado di produrre da se stessi tutti i componenti organici necessari al loro metabolismo, a partire da una sorgente qualsiasi di carbonio (ad es. glucosio; CO 2 nel caso delle piante capaci di fotosintesi), di azoto (amine o ammidi) e da acido fosforico. Gli animali invece necessitano di introdurre con la dieta anche alcuni composti organici che sono necessari al metabolismo ma che non vengono sintetizzati dal loro organismo; questi composti sono chiamati ESSENZIALI. I nutrienti essenziali per l’uomo sono: 1) le vitamine.2) Gli 8 aminacidi essenziali: fenilalanina/tirosina; isoleucina; leucina; lisina; metionina/cisteina; treonina; triptofano e valina. Inoltre l’arginina che sfugge al ciclo dell’urea (nel quale e’ prodotta ma anche degradata) e’ insufficiente al fabbisogno e deve quindi essere fornita con la dieta. Gli aminoacidi che compaiono in coppia nell’elenco possono essere convertiti gli uni negli altri ma non prodotti da altre fonti (ad es. e’ possibile convertire fenilalanina in tirosina ma almeno uno dei due deve essere fornito con la dieta).3) Gli acidi grassi poliinsaturi (ad es. l’acido arachidonico, necessario per la biosintesi delle prostaglandine) e alcuni composti analoghi (ad es. l’acido lipoico). LE VITAMINE, Le vitamine sono piccole molecole organiche delle quali il nostro organismo ha bisogno ma che non puo’ sintetizzare (o almeno non puo’ sintetizzare a partire da precursori semplici), e che devono essere contenute nella dieta. La scoperta che la dieta deve contenere sostanze particolari, pena lo sviluppo di malattie specifiche (le avitaminosi o carenze vitamiche), e’ abbastanza antica, ma la caratterizzazione chimica delle vitamine e’ incominciata intorno nel 1912 con i lavori di Casimir Funk che isolo’ la vitamina B1. Le vitamine sono convenzionalmente divise in liposolubili (prevalentemente contenute in alimenti grassi) e non liposolubili.

VITAMINE LIPOSOLUBILI
vitamina contenuta in fabbisogno giornaliero ruolo fisiologico malattia da carenza
A (retinolo) vegetali (carote) 0,75 mg sviluppo dei tessuti osseo ed epiteliale; cofattore delle proteine della retina (visione) difetti della visione; danni a carico della cute e delle mucose
D (calciferolo) grassi animali e vegetali (prodotta anche dall’irraggiamento solare dei grassi della cute) (0,01 mg) assorbimento del calcio rachitismo (nel bambino); osteomalacia (nell’adulto)
E (tocoferolo) vegetali 10-20 mg antiossidante
K (menadione) prodotta dalla flora intestinale (0,1 mg) necessaria per la produzione degli enzimi della coagulazione (sindromi emorragiche)
VITAMINE IDROSOLUBILI
B1 (tiamina) cuticola dei cereali 1,5 mg precursore del coenzima delle decarbossilasi Beri-beri e malattia di Wernicke-Korsakoff (due diverse malattie neurologiche)
B2 (riboflavina) molto diffusa 1.5 mg precursore dei coenzimi FAD e FMN
B3 (niacina) lievito, carni 20 mg precursore dei coenzimi NAD + e NADP + pellagra (malattia della cute e del sistema nervoso)
B6 (pridossina) molto diffusa 2 mg precursore del coenzima delle transaminasi
B12 (cobalamina) fegato, cereali, molluschi (l’assorbimento richiede una specifica proteina prodotta dallo stomaco) 0,003 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia perniciosa (anemia megaloblastica e sintomi neurologici)
acido folico molto diffusa 0,4 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia megaloblastica
acido folico molto diffusa 0,4 mg coenzima di alcune metilasi/demetilasi Anemia megaloblastica
acido lipoico molto diffusa ? coenzima di alcune ossidoreduttasi
acido pantotenico molto diffusa 10 mg precursore del coenzima A
C (acido ascorbico) agrumi 100 mg antiossidante Scorbuto
H (biotina) molto diffusa 0,03 mg coinvolta nelle reazioni di decarbossilazione

LE PROTEINE DEL SANGUE Il sangue puo’ essere frazionato in due componenti essenziali: la parte corpuscolata che include i globuli rossi, i bianchi e le piastrine, e la parte liquida che si chiama plasma. Se si permette la coagulazione dopo il prelievo, il plasma viene deprivato del fibrinogeno, che precipita sotto forma di fibrina, e cio’ che ne rimane prende il nome di siero.

Il siero del sangue contiene fisiologicamente alcuni enzimi necessari alle sue funzioni, quali ad es. quelli della coagulazione; contiene inoltre enzimi che dovrebbero essere intracellulari ma che si liberano nel siero in conseguenza della morte delle cellule che li contengono. L’indagine diagnostica piu’ semplice che puo’ essere condotta sulla parte corpuscolata del sangue e’ l’esame emocromocitometrico, che consiste nel separare e contare i vari tipi cellulari (al microscopio o con strumenti automatizzati).

Per gli studi del siero invece si utilizza l’elettroforesi che consiste nel deporre una goccia di siero su un supporto (in genere un particolare tipo di carta assorbente) e far muovere le proteine in un campo elettrico; questo separa le proteine in base alla loro carica elettrica. La concentrazione delle proteine del plasma e’ di circa 7 g/100 mL, e la proteina piu’ abbondante nel protidogramma e’ l’ albumina che da sola costituisce circa il 40% delle proteine totali. L’albumina forma una intensa banda colorata verso il polo positivo ed e’ la proteina del siero con maggiore carica negativa (per questo si muove piu’ rapidamente delle altre verso il polo positivo.

Dietro l’albumina migrano nel campo elettrico le globuline alfa, poi le beta ed infine le gamma. L’EMOGLOBINA L’emoglobina e’ una proteina del sangue contenuta all’interno dei globuli rossi ma non nel plasma: pertanto non appare nel protidogramma. La sua concentrazione, misurata nel sangue intero, e’ molto elevata, pari a circa 14 g/100 mL.

E’ costituita da quattro subunita’: due catene polipeptidiche chiamate alfa e due beta; ciascuna di queste porta una molecola organica piuttosto complessa chiamata eme che ha al centro uno ione Fe +2, L’eme ha un colore intensamente rosso e l’emoglobina e’ responsabile del colore del nostro sangue.

  1. La funzione dell’emoglobina e’ il trasporto dell’ossigeno, che si combina reversibilmente con il ferro dell’eme e puo’ essere assorbito dal sangue nei capillari polmonari e ceduto ai tessuti.
  2. Si deve ricordare che, come tutti i gas che seguono la legge di Henry, l’ossigeno e’ poco solubile in acqua e la sua concentrazione nel sangue e’ pari a circa 0,2 mM; l’emoglobina invece e’ solubile e molto abbondante e la sua “concentrazione” nel sangue (ignorando il problema della sua distribuzione soltanto all’interno dei globuli rossi) e’ poco meno di 2,5 mM.

Se si considera che ogni molecola di emoglobina contiene quattro emi e quindi si combina con quattro molecole di ossigeno, si conclude che l’ossigeno puo’ essere contenuto nel sanuge arterioso nella misura di poco meno di 10 mMoli / L, e che soltanto il 2% di esso e’ fisicamente disciolto nei liquidi ematici mentre il 98% e’ legato all’emoglobina.

  • LA COAGULAZIONE DEL SANGUE.
  • La coagulazione del sangue e’ un processo biochimico complesso che avviene in due fasi.
  • La prima risposta alla lesione di un vaso sanguigno (che puo’ aprirsi sia in una ferita esterna che in un sanguinamento interno) e’ l’AGGREGAZIONE DELLE PIASTRINE, corpuscoli subcellulari presenti nel sangue in numero di circa 200.000/mmc.

Il tappo piastrinico cosi’ formato arresta l’emorragia ma e’ instabile e dura soltanto poche ore; ha lo scopo di permettere la FORMAZIONE DELLA RETE DI FIBRINA, che costituisce la seconda fase del processo di coagulazione. La fibrina e’ una proteina che viene deriva dalla degradazione di una proteina circolante prodotta dal fegato e chiamata FIBRINOGENO.

Il fibrinogeno e’ solubile grazie al fatto che alle estremita’ della catena polipeptidica sono presenti residui aminoacidici carichi e molto idrofilici; una proteasi specifica chiamata TROMBINA ha la funzione di tagliare via queste estremita’ (i fibrinopeptidi): il prodotto e’ una proteina piu’ piccola, la fibrina, insolubile che precipita e forma una rete macromolecolare sul tappo piastrinico.

Poiche’ la trombina deve convertire il fibrinogeno in fibrina soltanto in presenza di una emorragia, essa circola nel sangue nella forma di un precursore inattivo, la PROTROMBINA, che a sua volta deve essere attivato mediante taglio proteolitico. Il controllo biochimico dell’attivazione della protrombina e’ piuttosto complesso perche’, per permettere la coagulazione rapida in caso di bisogno il sangue contiene tutte le proteine necessarie in forma inattiva, ma deve essere evitato il rischio di una loro attivazione non necessaria.

Quando il meccanismo di controllo fallisce si hanno sindromi cliniche piuttosto gravi come la trombosi o la coagulazione intravascolare disseminata. Il controllo dell’attivazione della protrombina e’ affidato ad una cascata di proteasi, chiamate i fattori della coagulazione, ciascuna delle quali e’ presente in forma inattiva e viene attivata dal fattore che la precede nella cascata; una volta attivata ha la capacita’ di attivare il fattore successivo.

L’attivazione della coagulazione segue due strade, chiamate intrinseca ed estrinseca. Nella via intrinseca il contatto del sangue con pareti diverse dall’endotelio vascolare causa la conversione proteolitica del fattore XII in fattore XII attivato (XIIa).

Il fattore XIIa e’ una proteasi specifica che converte il fattore XI in XIa e questo a sua volta il IX in IXa. Il fattore IX attivato (IXa) ed il fattore VIII attivato (VIIIa) agendo insieme attivano il fattore X il quale finalmente e’ responsabile di convertire la protrombina in trombina. Una catena complessa come questa protegge l’organismo dalla coagulazione intravascolare accidentale perche’ e’ improbabile che si attivino insieme, in assenza di una lesione dell’endotelio, sia il fattore IX che il fattore XIII.

In cambio, purtroppo, a causa di difetti genetici ereditari, e’ possibile che l’attivazione della protrombina sia inefficiente: il difetto del fattore VIII costituisce l’emofilia classica (emofilia A), mentre il difetto del fattore IX ne costituisce una variante (emofilia B). Che differenza c’e tra i fattori della coagulazione e le loro controparti attivate, ad esempio tra la protrombina e la trombina o tra il fattore X e l’Xa? Per fortuna il meccanismo di attivazione dei fattori della coagulazione e’ piuttosto stereotipato.

  1. Ogni fattore della coagulazione e’ una proteasi il cui sito attivo e’ occupato da una “coda” della stessa catena polipeptidica; quando la coda viene digerita dal fattore precedente (ad es.
  2. La coda del fattore X viene tagliato dal fattore IXa), il sito attivo si libera e e diventa capace di attivare il fattore successivo (ad es.

il fattore Xa taglia la coda di catena polipeptidica che occupa il sito attivo della trombina). GLI ANTICORPI Gli anticorpi sono proteine prodotte e secrete nel sangue dai linfociti B o dalle plasmacellule (che derivano dai linfociti B). Sono chiamati anche immunoglobuline (Ig) e sono di vari tipi: IgG, IgE, IgM, IgA.

La struttura piu’ tipica e’ quella delle IgG, costituite da quattro catene polipeptidiche, due leggere (L) e due pesanti (H), legate tra loro da ponti disolfuro tra residui di cisteina. Ogni molecola di IgG ha la forma di una Y e alle due estremita’ costituite da una catena L e una catena H presenta una regione che e’ capace di combinarsi con altre molecole (chiamate antigeni).

Ogni IgG presenta quindi due siti di legame per l’antigene, tra loro identici: Le IgE hanno struttura simile alle IgG e sono responsabili in particolare di alcune malattie allergiche; le IgM sono costituite da cinque molecole, ciascuna simile ad una IgG, legate tra loro; le IgA che al contrario delle precedenti non si trovano nel sangue ma sono caratteristiche delle secrezioni mucose sono costituite da tre molecole, ciascuna simile ad una IgG, legate tra loro.

  1. La funzione delle immunoglobuline e’ quella di combinarsi con sostanze o organismi estranei eventualmente penetrati nel sangue e neutralizzarli: sono quindi fondamentali per la difesa dell’organismo in corso di infezioni virali, batteriche e parassitarie.
  2. I linfociti B richiedono un certo tempo per produrre le immunoglobuline adatte a neutralizzare un microorganismo che incontrano per la prima volta, quindi a seguito di una infezione virale o batterica, l’organismo umano si trova inizialmente poco difeso.

Nello spazio di due o tre settimane appaiono nel sangue prima le IgM e poi le IgG specifiche per il microorganismo invasore e questo in genere avvia il processo di guarigione dall’infezione. Se lo stesso microorganismo attacca nuovamente l’individuo, la produzione di anticorpi e’ precoce perche’ i linfociti B conservano una “memoria” della precedente infezione e la malattia non si sviluppa.

  • Questa e’ la ragione per la quale alcune malattie, quali ad es.
  • Il morbillo o la parotite epidemica (orecchioni) ci colpiscono una sola volta nella vita; e’ anche la ragione per la quale se l’organismo viene sottoposto ad infezione con una variante attenuata del germe (vaccinazione) diventa immune dalla malattia e non se ne ammala mai.

Purtroppo non tutte le malattie infettive danno memoria e immunita’, per varie ragioni, e quindi di alcune possiamo ammalarci piu’ volte nella vita. Nell’elettroforesi del siero le immunoglobuline migrano nella frazione delle gamma globuline. ENZIMI PRESENTI NEL SANGUE NEL CORSO DI MALATTIE Il sangue contiene enzimi che dovrebbero essere intracellulari ma che si liberano nel siero in conseguenza della morte delle cellule che li contengono; il loro dosaggio ha interesse diagnostico.

I principali tra questi sono: TRANSAMINASI : nel sangue si trovano nel sangue a bassa concentrazione due enzimi che scambiano tra loro gruppi aminici e chetonici: la glutamico-ossalacetico transaminasi (GOT o AST) e la glutamico-piruvico transaminasi (GPT o ALT). La reazione catalizzata dalla GPT, qui riportata a titolo di esempio, e’ la seguente: CH 3 -CO-COOH + COOH-(CH 2 ) 2 -CHNH 2 -COOH CH 3 -CHNH 2 -COOH + COOH-(CH 2 ) 2 -CO-COOH Questi enzimi derivano principalmente dal ricambio delle cellule del fegato, che in piccolissima percentuale, ogni tanto, muoiono e vengono sostituite: le cellule morte rilasciano il loro contenuto enzimatico (quindi anche la GPT e la GPT) nel sangue.

Nel corso di malattie che causano la morte di cellule epatiche in gran numero, quali ad esempio le epatiti virali, le transaminasi epatiche vengono liberate nel sangue in grande quantita’; quindi un signficativo aumento della GOT e della GPT e’ diagnostico per una malattia epatica.

  • CREATINA FOSFOCHINASI (CPK) E CITOCROMO c : sono enzimi caratteristici delle cellule muscolari e cardiache; la loro concentrazione ematica aumenta in corso di infarto del miocardio o di malattie della muscolatura scheletrica.
  • LATTICO DEIDROGENASI (LDH) : un enzima presente in molti tessuti la cui concentrazione ematica aumenta nel corso di patologie muscolari e cardiache, del sistema nervoso centrale, del fegato e del tessuto ematopoietico.

GLI ORMONI Gli ormoni sono molecole di vario tipo prodotte da organi specializzati chiamati ghiandole endocrine e riversati nel sangue. Svolgono la funzione di regolatori di varie funzioni fisiologiche: cioe’ le cellule dell’organismo in presenza di ogni ormone alterano in modo specifico la loro funzione.

  1. Dal punto di vista biochimico i principali ormoni possono essere: (1) piccole proteine; (2) derivati di aminoacidi; (3) derivati del colesterolo.
  2. Gli ormoni solubili in acqua (tipicamente quelli proteici) non hanno difficolta’ a viaggiare nel sangue ma non possono penetrare attraverso la membrana cellulare e rimangono al di fuori della cellula; si combinano con una specifica prteina di membrana della cellula bersaglio (recettore) ed e’ quest’ultima a trasmettere il segnale all’interno della cellula, in genere mediante un “secondo messaggero” (che puo’ essere lo ione calcio o una molecola sintetizzata allo scopo come l’amp ciclico, cAMP).

Gli ormoni non solubili in acqua sono trasportati nel sangue legati a proteine (in genere all’albumina); pero’ attraversano la membrana cellulare ed in genere raggiungono il nucleo cellulare dove trovano il loro recettore e partecipano alla regolazione dell’espressione genica.

ORMONI
ormone prodotto da organi bersaglio ruolo fisiologico malattie correlate
Somatotropina (GH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) tutti i tessuti dell’organismo Stimolo della replicazione cellulare e dell’accrescimento Eccesso di secrezione: gigantismo o acromegalia; difetto di secrezione: nanismo armonico
Adrenocorticotropina (ACTH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) corteccia surrenali Stimolo della secrezione di degli ormoni glicocorticoidi, mineralcorticoidi e sessuali Eccesso di secrezione: morbo di Cushing difetto di secrezione: morbo di Addison
Tireotropina (GH) (piccola proteina) Ipofisi anteriore (adenoipofisi) Tiroide Stimolo della secrezione di T3 e T4 Eccesso di secrezione: ipertiroidismo; difetto di secrezione: ipotiroidismo
Tetra-Iodo-Tironina (tiroxina, T4) e Tri-Iodo-Tironina (T3) (derivati dell’aminoacido tirosina) Tiroide tutti i tessuti dell’organismo disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa; produzione di calore, aumento del metabolismo Eccesso di secrezione: ipertiroidismo; difetto di secrezione: ipotiroidismo
Tireocalcitonina (piccola proteina) Tiroide osso, intestino, rene promuove la deposizione di calcio nelle ossa
Paratormone (piccola proteina) Paratiroidi osso, intestino, rene promuove il riassorbimento di calcio dall’osso e ne regola l’assorbimento e l’eliminazione Eccesso di secrezione: osteoporosi
Cortisolo e altri glicocorticoidi (derivati del colesterolo) Corteccia surrenale tutti i tessuti dell’organismo Eccesso di secrezione: morbo di Cushing difetto di secrezione: morbo di Addison
Aldosterone e altri mineralcorticoidi (derivati del colesterolo) Corteccia surrenale rene promuove il riassorbimento di ione potassio dalle urine
Adrenalina e nor-adrenalina (derivati dell’aminoacido tirosina) Midolla surrenale Cuore, muscolatura della parete arteriosa aumento della frequenza e dell’energia della contrazione cardiaca; aumento della pressione arteriosa Eccesso di secrezione (feocromocitoma): crisi ipertensive e tachicardia

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Come digerire le proteine?

Cosa fare per digerire meglio le proteine – Chi ha problemi di digestione spesso incontra le maggiori difficoltà quando mangia cibi ricchi di proteine, Questo dipende nella maggior parte dei casi da abbinamenti sbagliati, Infatti ci sono delle regole fondamentali per facilitare la digestione delle proteine e sono queste: – non associare proteine di tipo diverso – non abbinare proteine e carboidrati Quando parliamo di proteine di tipo diverso intendiamo uova e formaggio o latte e carne.

  1. Per esempio per digerire la carne lo stomaco produce un succo gastrico che è subito molto acido, mentre per il latte diventa acido solo verso la fine della digestione.
  2. Se si associa il latte con carne o pesce potrebbe succedere questo: il latte coagula formando dei grumi che trattengono fermenti di carne/pesce, questi ultimi non vengono a contatto con il succo gastrico e passano inalterati nell’intestino dando luogo a fenomeni di putrefazione e di conseguenza a sviluppo di malesseri come aerofagia, acidosi, flatulenza, stanchezza.

Per questo, per esempio, piatti particolarmente ricchi come le lasagne, che contengono carne, ma anche besciamella, formaggi e in alcune ricette anche uova, risultano particolarmente difficili da digerire. Per quanto riguarda l’ associazione delle proteine con i carboidrati, bisogna ricordare che i carboidrati complessi come i cereali e i loro derivati (inclusa la pasta) o le patate hanno bisogno dell’intervento di enzimi per essere digiti e di richiedono di acidità delle secrezioni gastriche e tempi di elaborazione diversi rispetto alle proteine.

  • Se carboidrati e proteine si ritrovano insieme nello stomaco entrano in conflitto.
  • Gli amidi cominciano a essere digeriti praticamente già nella bocca, poi la loro digestione continua nello stomaco per circa due ore, ma se nello stomaco trovano alimenti che hanno bisogno di succhi gastrici più amidi (come le proteine), la digestione degli amidi viene sospesa e si verificano fermentazioni, lentezze digestive, parti che non vengono proprio digerite.

Associando male gli alimenti si ha una digestione molto lunga che può durare fino a 5 ore nello stomaco e fino a 70 ore nell’intero tratto intestinale e questo provoca un deterioramento del cibo all’interno del nostro corpo a causa di fermentazione e putrefazione, una moltiplicazione della produzione di scorie tossiche e una cattiva assimilazione dei nutrienti.

  1. Inoltre l’organismo spreca molte energie e ci sentiamo stanchi.
  2. Il modo ideale di mangiare le proteine, dunque, è associandole a verdure e a piccole dosi di sostanze acide come limone, aceto e vino, perché ne agevolano la digestione.
  3. In particolare le verdure, essendo ricche di sali e vitamine, favoriscono l’azione degli enzimi necessari per digerire le proteine.

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Perché si fa fatica a digerire le proteine?

Quando si fa fatica a digerire le proteine Ven 26 Ott 2018 | di Ethel Cogliani |

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Difficoltà digestive a livello gastrico? Se ce l’hai sei in buona compagnia. Oltre la metà della popolazione ha disturbi più o meno spiccati legati alla digestione delle proteine. E tutto quello che questo comporta. Uno dei problemi è sicuramente la difficoltà di diagnosi: 1.

Spesso i sintomi sono dislocati in parti del corpo diverse dallo stomaco e non sempre si riflette su una problematica evidente nel transito del cibo.2. Il trattamento medico di questa problematica spesso è la causa dell’aggravarsi del problema stesso. L’ipocloridria è la parola chiave Ma cos’è? Senza grossi paroloni, è un’incapacità dello stomaco di produrre adeguate quantità di acidi gastrici, importanti per il corretto funzionamento degli enzimi digestivi preposti alla digestione delle fibre carnee (proteasi).

Meno acidità di stomaco hai, più hai difficoltà a digerire Cosa? Sì, hai capito bene.

  • Il problema nel come si interviene su questa problematica sta proprio nella sua definizione come “acidità di stomaco”, perché in realtà il problema non è un eccesso di acido, ma un suo difetto.
  • Ed ecco che inibitori della pompa protonica, antiacidi e protettori gastrici cominciano a perdere il loro significato se non per alleviare temporaneamente il sintomo che, comunque, va a ripresentarsi successivamente e spesso in forma peggiore, causando danni collaterali che portano, con il tempo, a squilibri in diversi distretti, primo fra tutti l’intestino.
  • Quando una problematica gastrica si protrae per un tempo sufficiente da coinvolgere l’intestino in modo drammatico, si istaurano, infatti, tutta una serie di reazioni a catena nell’organismo che portano alla degenerazione generale in un tempo più o meno breve.
  • Gli inibitori della pompa protonica, che sono nella TopTen dei farmaci di maggior consumo con un vero e proprio abuso sistematico da parte di medici e pazienti, ne sono spesso un motivo di peggioramento.
  • La prescrizione di questi farmaci, infatti, dovrebbe avere dosaggi più bassi e durata molto più breve, ma, soprattutto, essere limitata a casi gravi, su pazienti che assumono farmaci come FANS, cortisonici e immunosoppressori, in modo da evitare la perforazione gastrica che possono causare.
  • Nella realtà, vengono prescritti anche per il semplice reflusso gastro-esofageo, ma, soprattutto, senza una revisione del dosaggio o controlli successivi e programmati e, tra l’altro, vengono usati a sproposito in casi in cui in realtà si dovrebbe intervenire in modo diametralmente opposto.
  • Ad indagare e mettere insieme studi ed evidenze sugli effetti collaterali, ancora poco conosciuti, sviluppati da questi farmaci, è stata proprio una review pubblicata su CMAJ (Canadian Medical Association Journal).
  • Effetti collaterali

Gli effetti avversi determinati dall’uso di questi farmaci si manifestano in diversi modi: disturbi gastrointestinali, come diarrea, nausea, vomito; neurologici come cefalea e vertigini. Ipotensione, tachicardia, affezioni cutanee, prurito e alopecia, agranulocitosi, anemia e leucopenia, impotenza e ginecomastia, colite, costipazione e anoressia, aumento dei livelli di colesterolo, faringite, rinite, tosse, febbre, sete, sintomi simil-influenzali, sono tra i più blandi.

  1. L’acido dello stomaco: a cosa serve?
  2. Ora che abbiamo capito che l’acidità dello stomaco ha una funzione e che la sua riduzione forzata crea enormi danni cerchiamo di capire a cosa serve l’acido dello stomaco.
  3. Come abbiamo detto l’acido dello stomaco serve a migliorare la digestione proteica, ma ha anche una funzione molto importante: mantenere pressoché sterile il primo tratto intestinale (il tenue).
  4. Questa funzione è molto importante, perché, in uscita dallo stomaco, il cibo è molto nutriente e la presenza dei batteri in questa fase della digestione porterebbe inevitabilmente ad un malassorbimento causato da un consumo da parte loro delle sostanze in esso contenute.
  5. Cosa succede quando l’acido viene a mancare

La ricchezza del cibo, non più protetto dalla barriera acida, richiama batteri dall’intestino crasso i quali vanno a colonizzare questa parte che normalmente ha una carica batterica abbastanza ridotta, causando un sovraffollamento e inducendo SIBO (sovracrescita batterica nell’intestino tenue) che con il tempo si alimenta per continua migrazione e replicazione dei batteri e causa quei fastidiosi gonfiori intestinali che si avvertono dopo i pasti.

  • Malattie malattie ovunque.
  • E questo partendo “solo” da un problema gastrico non diagnosticato o mal curato.
  • Come arriva ad istaurarsi un problema gastrico così grave

I primi fattori che possiamo ritrovare come causa dell’insorgenza di questo problema sono: vizi (fumo, caffè e alcol), l’utilizzo di farmaci (FANS, psicoterapici, immunosoppressori e altri ai quali spesso si associa un’assunzione di gastroprotettori), alimentazione povera di fibre proteiche e troppo ricca di amidi (vegetarianesimo e veganesimo tra le maggiori imputate), stress acuto forte o stress cronico, problemi tiroidei non diagnosticati, iperemotività, ma anche infezione da Helicobacter Pylori, intolleranza al Nichel (causa o conseguenza?), ernia iatale.

  1. Dall’ansia alla depressione, alle dermatiti, alle disfunzioni intestinali, oltre alle cause che normalmente vengono attribuite loro, hanno una probabilità molto alta che abbiano come base anche un problema gastrico.
  2. Quando è bene approfondire la presenza di questo problema
  3. Ci sono moltissimi sintomi che possono suggerire che un intervento a livello gastrico potrebbe fare la differenza: difficoltà respiratorie e respirazione superficiale, annerimento della base dei denti o ipersensibilità e sanguinamento gengivale, gonfiore dopo i pasti (entro 1 ora dalla fine del pasto), alito cattivo, dolore di schiena localizzato all’altezza dello stomaco, dolori intercostali o retrosternali, tachicardia a riposo, notturna e appena svegli, ansia mattutina, voce roca o abbassamento di voce fino a mutismo, infezioni recidive per lo più fungine e batteriche, SIBO e disbiosi, difficoltà digestive che iniziano con una difficoltà a digerire le proteine per sfociare con il tempo ad una difficoltà talvolta anche ad introdurre acqua, sinusite cronica, se non associata ad un colpo di freddo o ad allergie, con molta probabilità è causata da problemi di stomaco, muco lungo l’esofago o senso di soffocamento e vomito.
  4. Non basta dire che si digerisce bene e che non si avverte reflusso per poter dire che non si ha un problema gastrico, anzi, le manifestazioni precoci sono spesso di tutt’altra natura.
  5. Aiutare lo stomaco ad un corretto funzionamento può salvare la vita a moltissime persone.
  6. Approfondire questi argomenti ed introdurli in un’anamnesi di routine permette alle persone di vivere meglio e non imbattersi in malattie evitabili, rese invece irreversibili e croniche da un Sistema poco attento al rispetto delle funzionalità del corpo e troppo spesso, invece, impegnato a silenziare i sintomi invece di interpretarli.
  7. LA RIVISTA
  8. La rivista IMMUNOREICA Magazine ha lo scopo di indagare e porre l’attenzione a tutti quegli aspetti che rendono la nostra società la più malata di tutta la storia dell’Umanità.

Disponibile solo su abbonamento. Cadenza trimestrale (4 numeri l’anno). La riceverai direttamente a casa tua.

  • Per abbonarsi:
  • Ethel Cogliani
  • Nutrizionista specializzata nel trattamento delle patologie autoimmuni.

Autrice dei libri “Dietro la Malattia” e “Tiroide X-Files”. Editrice e capo redattrice della rivista “IMMUNOREICA Magazine – La prima rivista dedicata all’approccio funzionale delle malattie autoimmuni”. Dove acquistare i libri: www.dietrolamalattia.com www.tiroidexfiles.com
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Come vengono eliminate le proteine in eccesso?

COSA SUCCEDE al mio organismo SE MANGIO TROPPE PROTEINE? – Opinione comune è che: ” più proteine si assumono più si incrementa la massa muscolare “. Tuttavia gli studi dimostrano che una corretta crescita del tono muscolare non dipende esclusivamente dall’assunzione di proteine ma dal suo corretto bilanciamento con i carboidrati.
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